Biancaneve e i Sette Nani (1937), di David Hand e AA.VV

Luca Buccella 11 Dicembre 2013 0
Biancaneve e i Sette Nani (1937), di David Hand e AA.VV

In occasione del recente compleanno di Walt Disney, del novantesimo anniversario dei Walt Disney Animation Studios e della prossima uscita nelle sale italiane di Frozen – Il regno di ghiaccio, il nuovo classico Disney ispirato alla fiaba La regina delle nevi di Hans Christian Andersen, abbiamo deciso di dedicare il mese di dicembre ad approfondire tutti i film d’animazione dei Walt Disney Animation Studios basati sulle fiabe. Un viaggio artistico attraverso 76 anni di storia del cinema, da Biancaneve e i Sette Nani a Rapunzel – L’intreccio della torre

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Nei primi anni ‘30, mentre la Grande Depressione tormenta gli Stati Uniti d’America, Walt Disney è al vertice della fama grazie ai suoi cortometraggi animati. Ma i problemi economici non risparmiano nemmeno il suo studio, e i corti non rendono abbastanza per supportare al meglio i suoi collaboratori: Disney, sempre pronto a innovare e a migliorarsi, sa di dover guardare oltre per sopravvivere. Nel 1916, quando lavorava come strillone a Kansas City, il giovane Walt vide al cinema il film muto Snow White di J. Searle Daley, primissimo adattamento della fiaba raccolta dai fratelli Grimm, in una proiezione speciale organizzata per i giovani giornalai della città. Proiettato su quattro schermi in contemporanea e colorato a mano con speciali tinte, il film catturò la vivida immaginazione di Walt spingendolo a tentare la fortuna nel mondo del cinema. E dunque, quasi vent’anni dopo, Walt non ha dubbi: la Disney passerà ai lungometraggi d’animazione con un adattamento di Biancaneve e i Sette Nani. All’epoca, la sola idea di realizzare un film d’animazione di durata superiore ai dieci minuti appare come una pazzia, e difatti è proprio così che il progetto sarà soprannominato dagli investitori, “Disney’s folly”.

Persino suo fratello Roy e sua moglie Lillian tentano di distoglierlo, ma Walt non sente ragioni, è sicuro che il film sarà un successo e con entusiasmo presenta l’idea alla sua squadra di animatori, che accettano la sfida: la supervisione del progetto viene affidata nelle mani esperte di David Hand, collaboratore di Disney sin dalle primissime Silly Symphonies. In più, tramite annunci diffusi in tutta Hollywood, vengono assunti circa 300 nuovi animatori necessari a completare la mole di lavoro richiesta da un lungometraggio. Il budget del film, inizialmente stimato su 250.000 dollari, arriva a costarne più di un milione, costringendo Walt a ipotecare la sua casa. Ma la sua lungimiranza sarà ricompensata: dopo una trionfale anteprima nel dicembre 1937Biancaneve e i Sette Nani esce nelle sale statunitensi il 4 febbraio del 1938, incassando quasi 8 milioni di dollari in tutto il mondo e vincendo un Oscar. La reazione sia del pubblico sia della critica è entusiastica, e la “follia di Disney” viene soprannominata “il Nascita di una nazione del cinema d’animazione”: è nato un nuovo genere cinematografico. È incredibile riscontrare come, a distanza di settant’anni, Biancaneve e i Sette Nani sia ancora in grado lasciare a bocca aperta: l’impatto del film è rimasto immutato, e questo può accadere solo con un capolavoro assoluto.

L’operazione di adattamento svolta da Disney e il suo team riesce a estrapolare i temi principali della fiaba popolare raccolta dai fratelli Grimm, rendendola maggiormente adatta a un pubblico infantile – sparisce ogni richiamo al cannibalismo rituale della storia originale –, senza però rinunciare a una componente più inquietante. Disney sa bene che ogni storia deve essere in grado di far sognare come di spaventare, poiché la gamma di sentimenti mostrati aumenta il coinvolgimento emotivo: più alta è la paura nei confronti dei poteri malefici della Regina e più si prova sollievo nelle parentesi comiche dei Sette Nani, più si teme per le sorti di Biancaneve e più si è soddisfatti nel vederla finalmente tra le braccia del Principe.

In un periodo in cui l’animazione è popolata da animali antropomorfi e caricature, la squadra assemblata da Disney ha il compito di creare figure umane credibili. Utilizzando la ballerina Marjorie Belcher come modella, gli animatori riescono a conferire a Biancaneve movimenti fluidi e realistici: nonostante sia leggermente indefinita da un punto di vista fisionomico, è impossibile non affezionarsi al suo sguardo e alla sua innocenza, amplificata dalla voce squillante della cantante e attrice Adriana Caselotti, all’epoca appena ventunenne. È però con le figure dei Sette Nani che gli animatori riescono a esprimersi al meglio: tutti perfettamente distinguibili l’uno dall’altro, i personaggi entrano nella cultura popolare per non uscirne più. La figura della Regina Cattiva resta uno dei migliori villain della tradizione Disney: spietata e bellissima ma pronta a rinunciare alla sua giovinezza pur di eliminare la concorrenza, rappresenta il Male in tutte le sue forme.

Ispirati alle incisioni di artisti europei quali Arthur Rackham e John Bauer, i fondali sono l’elemento che più contribuisce a rendere l’atmosfera fiabesca ricercata da Disney. Gli ambienti acquistano profondità grazie al multiplane, tecnica che consiste nel sovrapporre le varie lastre di vetro su cui sono dipinte le scenografie, per poi spostarle a seconda dei movimenti della macchina da presa. Completano il tutto le splendide canzoni di Frank Churchill Larry Morey, che non fungono da semplice contorno ma portano avanti la storia, a volte più degli stessi dialoghi.

A settantasei anni dalla sua prima presentazione alla stampa e al pubblico statunitense, Biancaneve e i Sette Nani continua a far commuovere, impressionare e divertire gli spettatori di tutto il mondo. Un vero e proprio testamento al genio di Walt Disney, capace di anticipare i tempi e comprendere i gusti del pubblico come si addice a un grande artista. 

Luca Buccella

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