Django Unchained (2012), di Quentin Tarantino

Luca Buccella 18 Gennaio 2013 0
Django Unchained (2012), di Quentin Tarantino

Django Unchained Poster ArtworkLo schiavo Django (Jamie Foxx) viene liberato dal Dr. Schultz (Christoph Waltz), un cacciatore di taglie tedesco, per aiutarlo a scovare tre criminali in fuga. Schultz prometterà di aiutare Django a liberare sua moglie Broomhilda (Kerry Washington), in possesso di Calvin Candie (Leonardo DiCaprio), ricco proprietario della tenuta Candieland.

Il western è un genere che Quentin Tarantino ha da sempre accarezzato nella sua filmografia, ed era solo questione di tempo prima che decidesse di realizzarne uno vero e proprio. A vent’anni dal suo esordio, ecco che il suo primo exploit nel genere si concretizza, e lo fa con un film che porta il nome del cowboy silenzioso interpretato da Franco Nero nell’omonimo film di Corbucci.

Tarantino sceglie anche stavolta di sovvertire le regole di un genere per realizzare un’opera personalissima. Django Unchained riprende stilemi ed estetica dello spaghetti western, ma ne dilata i tempi così da costruire un reticolato di tensione attorno alle sequenze chiave, prediligendo gli scontri dialettici attorno a un tavolo piuttosto che i duelli al sole, e centellinando sapientemente le poche scene d’azione presenti. Da un punto di vista strutturale, si tratta invece di una delle opere più classiche del Tarantino sceneggiatore: mancano vistose ellissi temporali, e la divisione in capitoli scompare a favore di una tipica struttura in tre atti.

Non manca la consueta riflessione sugli elementi fondanti della cultura statunitense, una delle chiavi di volta del cinema tarantiniano fin da Pulp Fiction, che analizza con mordente il marcio dietro ad una delle pagine più sofferte della storia americana. E non manca neppure l’altrettanto consueta dose di umorismo (si trova perfino il tempo per ridicolizzare il Ku Klux Klan di Nascita di una nazione!), ma la descrizione della schiavitù è più realistica e violenta rispetto alla seconda guerra mondiale raccontata in Bastardi Senza Gloria, pur riprendendone il tema di vendetta “razziale”. Se in quel caso si voleva raccontare prima di tutto la potenza del mezzo cinematografico, in Django Unchained è l’elemento umano ad essere al centro di tutto, e i protagonisti principali sono mossi da uno scopo più alto: l’evoluzione di Django da schiavo a pistola più veloce del Sud somiglia quasi ad una presa di coscienza di sé e del proprio ruolo nella società.

Tarantino si conferma grande regista di attori: regala una delle sue migliori, mentre Waltz torna a dimostrare le sue capacità dopo due anni imbarazzanti. Il suo King Schultz è un personaggio forbito e pacato, una delle figure più intimamente positive nella filmografia del regista del Tennessee.

Ma il meglio si ottiene dalla mefistofelica coppia Leonardo DiCaprio/Samuel L. Jackson. Il primo riesce a non strafare nei panni di Monsieur Candie, risultando sia detestabile che affascinante e riuscendo a mostrare tutti i lati di un individuo cresciuto in una società corrotta, mentre il secondo è perfetto come pavido e manipolatore cattivo dickensiano che rifiuta le sue radici per convenienza: Stephen è il vero antagonista della pellicola.

Registicamente, siamo finalmente lontani dagli eccessi smodati ed esasperati di Kill Bill: il tocco è più equilibrato, anche grazie a montaggio e fotografia, segno di un maggiore controllo dietro la macchina da presa. Si tratta sicuramente di uno dei migliori film di Quentin Tarantino, che mostra tutta la sua maturità come narratore e regista di personaggi. Nella speranza che possa continuare a camminare su questo sentiero il più a lungo possibile.

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Luca Buccella

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