Dolly Dearest – La bambola che uccide (1991), di Maria Lease

Supremo 4 Ottobre 2013 0
Dolly Dearest – La bambola che uccide (1991), di Maria Lease

img_100005_d7231688c8805bc0b363719c1750cb5a.jpeg__850×1117_La famiglia americana Read ha appena acquistato una vecchia fabbrica di bambole in disuso in Messico, nei pressi di una zona archeologica di tombe Sanzia, una civiltà antecedente ai Maya. Un archeologo ha involontariamente risvegliato uno spirito maligno che giaceva in un sarcofago, facendolo rifugiare proprio nella fabbrica di bambole della ridente famiglia Read. Quando una di queste bambole diventa l’amica del cuore della figlia minore Jessica (Candy Hutson), cominciano a nascere i guai.

Cavalcando il grande successo di  La  bambola assassina (1988), il “terrore” torna a vestire i panni di un pupazzo, nello specifico di una bambola. La regista Maria Lease, che ha un passato come attrice in The Scavengers (1969), e Camp 7: lager femminile (1975)  (entrambi diretti da Lee Frost, anche produttore esecutivo di questo Dolly Dearest), dimostra di non avere grande esperienza dietro la macchina da presa.

Le soluzioni che la Lease sceglie per mostrare la storia risultano essere fiacche, e rendono le scene di “paura” simili a ridicole e divertenti parodie del già citato La bambola assassina, e addirittura, non contenta di questo, ricostruisce una sorta di L’esorcista (1973) versione casa delle bambole.

Il ritmo del film parte abbastanza bene, ma proprio quando dovrebbe essere più scandito, si fa lento, prevedibile e non carico del pathos e dell’angoscia necessari in un film horror che si rispetti.  Non c’è da stupirsi se la sceneggiatura – firmata dalla stessa regista – tenta di mescolare elementi di esoterismo a pratiche religiose, con timidi cenni storici inerenti ai Maya, che però nel film sarebbero battuti in quanto a ferocia da questa presunta e improbabile tribù Sanzia.

I dialoghi dei personaggi sono inconsistenti  e forzati; a renderli ridicoli ci pensa il doppiaggio (che non si salva nemmeno nella versione spagnola), e vedendo il film capirete anche in quale punto accade.  Una menzione speciale la merita Candy Hutson (nei panni della bambina Jessica) che grazie alla sua interpretazione non solo rende il film almeno guardabile, ma riesce ad aggiudicarsi una nomination per il Saturn Award  (nella categoria miglior attrice emergente), insieme a Chris Demetral, che interpreta il fratello “intellettuale” di Jessica, Jimmy.

La fotografia curata da Eric D. Andersen non ha nulla di speciale, troppo esposta in certi ambienti, e troppo poco tenebrosa per un film che dovrebbe essere, sulla carta, inquietante. Buoni gli effetti di animazione della bambola Dolly che rendono credibili le sue espressioni, ma l’uso eccessivo di azioni goffe (alcune prive di senso logico) abbassa la qualità di tali effetti, che a volte sembrano essere stati realizzati per uno spot della nuova linea di Cicciobello.

Non è chiaro se Dolly Dearest sia un film volutamente autoironico o furbetto, che tenta di accaparrarsi i fan di Chucky (il terribile bambolotto de La Bambola Assassina) che proprio in quegli anni stava spopolando, salvo poi cadere nell’oblio di sequel senza spessore. Un film che risulterà essere deludente per i seguaci di Chucky e comico per gli amanti del genere horror.

Marco Rudel

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