Election (1999), di Alexander Payne

Luca Buccella 27 Aprile 2018 0
Election (1999), di Alexander Payne

electionQuando si parla di teen movies, ne esistono pochi di taglienti come Election, diretto dal grande Alexander Payne, autore dei pluripremiati Sideways e A proposito di Schimdt: indubbiamente un autore che non scende a compromessi. Una trama semplice, che offre l’opportunità di sollevare svariati temi importanti, grazie ad una sceneggiatura sottilmente tagliente: si narra di Jim McAllister, un insegnante amato e stimato nel liceo in cui lavora, che farà di tutto per ostacolare l’elezione a presidente scolastico di Tracy Flick, studentessa colpevole di aver avuto una relazione con un insegnante provocandone il licenziamento. McAllister sceglie così di spingere il quarterback Paul a candidarsi, sperando così di contrastare Tracy grazie alla popolarità del ragazzo. Si aggiunge ai candidati anche Tammy, sorellina lesbica di Paul, in cerca di vendetta contro il sistema. Ostacolare Tracy diverrà per McAllister un’ossessione, portando lo spettatore a chiedersi chi sia il più “sporco” fra i due.

Si potrebbe banalizzare il tutto e definire Election una semplice allegoria della politica statunitense, ma in realtà ci troviamo di fronte ad una pellicola che offre molti più spunti. La scuola non è altro che una prigione: non per gli studenti, ma per gli insegnanti. Dietro la sua apparente perfezione, Jim McAllister (interpretato da un Matthew Broderick mai così lontano da Ferris Bueller), non è altro che un individuo triste e frustrato, e nel raccontarlo, Payne sceglie il motivo del cerchio, per descrivere un personaggio che “gira” su sé stesso come una bestia in gabbia. Un individuo che alla fine si mostra marcio, come la busta di spazzatura che insistentemente gli viene accostata in numerose scene. Il personaggio di Tracy Flick (Reese Witherspoon in quella che a tutt’oggi rimane la sua prova migliore) non è meno negativo: si tratta di un’adolescente che non ha quasi niente sincero, totalmente costruita e artificiale in tutto ciò che fa, a parte rare esplosioni di rabbia furiosa. Vive senza altro per cui lottare a parte la vittoria, ma la sua vulnerabilità è a tratti ben visibile, lasciando scorgere, sotto la fitta scorza del perfezionismo sfrenato, una persona bisognosa di affetto e contatti umani. Se il quarterback Paul è essenzialmente buono, ma troppo “stupido” per risultare positivo, la sorella Tammy è l’unico personaggio sincero ed idealista, e la regia mostra un affetto particolare nei suoi confronti: è l’unica luce di coerenza in un mondo di falsità.

Con questi personaggi, Election potrebbe sembrare un cupo dramma adolescenziale, ma si tratta di una commedia acida e spesso esilarante, un film più innovativo di quanto possa sembrare ad una visione distratta, grazie al realismo che lo permea e al ritmo sostenuto. Alexander Payne e lo sceneggiatore Jim Taylor hanno una visione precisa di ciò che vogliono raccontare, ed il messaggio arriva forte e chiaro, non compromesso da altre voci.

Luca Buccella

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