Frankenweenie (2012), di Tim Burton

Luca Buccella 17 Gennaio 2013 0
Frankenweenie (2012), di Tim Burton

frankenposterQuando il piccolo Victor perde l’amato cagnolino Sparky a causa di un incidente, decide di riportarlo in vita tramite un’esperimento scientifico, con risultati inaspettatamente positivi. Ma nella cittadina di New Holland è difficile mantenere un segreto, e il gesto di Victor non passerà inosservato: cosa faranno gli abitanti una volta scoperta la “creatura”?

Dopo un inizio di carriera folgorante e ispirato, costellato da almeno due capolavori – la fiaba gotica Edward Mani di Forbice e l’eccentrico biopic Ed Wood su tutti -, la carriera di Tim Burton si è gradualmente attestata sui livelli di una crescente mediocrità, interrotta di tanto da lavori più o meno riusciti: è come se il successo avesse anestetizzato un autore che ormai, da più di dieci anni a questa parte, sembra aver esaurito tutto le sue cartucce di creatività senza più niente di nuovo da offrire.

Frankenweenie è un film che in larga parte conferma tutti i problemi del Burton moderno, ma che lascia anche intravedere in diversi momenti le scintille di un miglioramento che si spera prossimo ad arrivare. La scelta di realizzare un remake del cortometraggio live-action omonimo, girato da Burton stesso nell’84 (e che paradossalmente lo portò ad essere licenziato dalla Disney), conduce inevitabilmente ad un ampio riciclo di tematiche già ampiamente affrontate dal cineasta di Burbank in molto del suo cinema, quali il rapporto tra il creatore e la sua creatura, l’ambientazione suburbana con i suoi cittadini ossessionati dal conformismo e ottusamente spaventati da chiunque sia “diverso”, il citazionismo spinto dal cinema horror del passato…

Niente, insomma, che Burton non abbia già descritto estensivamente, stavolta privo di molto del mordente e dello spirito caustico che rappresentarono la forza dei suoi lavori migliori: lo stesso regista sembra stanco e disinteressato nel raccontare questa storia, consapevole di avere a che fare con elementi triti e ritriti. Come sempre il lavoro di animazione in stop-motion è encomiabile e la caratterizzazione prettamente visiva di ogni personaggio è di altissimo livello, contraddistinta da un’attenzione certosina per il più piccolo dettaglio, ma il vortice visionario di Nightmare Before Christmas (che poteva contare sulla regia dello specialista Henry Selick) è ancora ben lontano.

E’ però proprio quando la sceneggiatura inizia a distanziarsi dall’intreccio del Frankenweenie originale, che si ricominciano finalmente a scorgere gli sprazzi di un Burton folle, anarchico e deliziosamente macabro che non si mostrava da parecchio tempo: gran parte del terzo atto è una corsa esilarante sull’ottovolante, che diverte con le sue trovate slapstick e si mostra compiaciuta del suo spirito pop e appassionatamente citazionista. Peccato per il finale eccessivamente buonista ma inevitabile, soprattutto visto il pubblico di riferimento.

Frankenweenie, nonostante i difetti citati e la poca originalità, è un film d’animazione gradevole e ben realizzato, che convincerà soprattutto il pubblico infantile e rappresenta, seppur in minima parte, un primo passo per un ritorno di Burton alla sua forma migliore.

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Luca Buccella

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