Ginger Snaps (2000), di John Fawcett

Luca Buccella 21 Giugno 2012 0
Ginger Snaps (2000), di John Fawcett

ginger-snaps-posterSiamo a Bailey Downs, una cittadina canadese desolata e dal cielo perennemente plumbeo. Da qualche tempo, i cani del vicinato vengono ritrovati dilaniati da una bestia sconosciuta, che lascia i loro corpi sparsi per il paese. Ginger e Brigitte “B.” Fitzgerald, due sorelle adolescenti che vivono quasi in simbiosi, entrambe asociali e affascinate dal concetto della morte, hanno fatto un patto: se non riusciranno a lasciare il paese entro i sedici anni di Brigitte, si suicideranno. Una notte, quando Ginger ha con estremo ritardo le sue prime mestruazioni, le due vengono attaccate da un animale simile a un grosso cane, chiaramente attirato dall’odore del sangue mestruale. Si salvano quasi per miracolo, ma Ginger è stata morsa: nei giorni successivi il suo carattere subisce cambiamenti che la rendono più aggressiva, rabbiosa e sessualmente attiva, si allontana dalla sorella e comincia a frequentare altre compagnie, ragazzi detestati fin a pochi giorni prima. I genitori e gli insegnanti attribuiscono questi cambiamenti alla pubertà, ma B. inizia a sospettare che la sorella sia stata morsa da un licantropo, e tenta di distillare una cura con l’aiuto di Sam, un giovane spacciatore…

Sotto la dura scorza del film horror, genere a cui comunque appartiene ed è fiero di appartenere in tutto e per tutto, Ginger Snaps nasconde un ritratto pessimista dell’adolescenza, descritta come un periodo da incubo, da cui è impossibile riemergere senza soffrire, in cui il rapporto con i coetanei somiglia a una lotta, in cui le figure di riferimento sono assenti e non hanno idea di cosa stia succedendo. La licantropia è la metamorfosi perfetta per descrivere i turbamenti ormonali e caratteriali che si sviluppano in questo contesto: si diventa più aggressivi, si ha voglia di fare terra bruciata di tutto ciò che si ha intorno, proprio come succede a Ginger nelle fasi della trasformazione a lupo mannaro. Anche il sesso assume connotati contrastanti, mostrando tutta la confusione che nasce dai primi cambiamenti e dai primi rapporti: Ginger, fondamentalmente, non ha la minima idea di ciò che sta capitando al suo corpo. Emblematica una desolante scena in cui le due sorelle si recano dall’infermiera della scuola, tutta moine e falsissimi sorrisi mentre spiega le fasi del ciclo mestruale, discutendo di come cambi la consistenza del sangue durante i giorni. Il sorriso inquietante dell’infermiera contrasta visibilmente con le espressioni disgustate, confuse e prive di qualsiasi discernimento di Ginger e B.

Quest’ultima, vera e indiscussa protagonista della storia, osserva impotente i cambiamenti di cui Ginger è vittima: tenta di trovare una soluzione per frenare la trasformazione della sorella e distruggere il mostro che vi si cela dentro, ma un riavvicinamento fra le due è ormai impossibile, e la stessa trasformazione si rivela irreversibile. Proprio come non è possibile arrestare il passaggio all’età adulta: un passaggio traumatico che resta impresso, una trasformazione fortemente sofferta. B. è costretta ad osservare il passaggio della sorella in questa alterità, convinta di non poterla raggiungere. La sceneggiatura di Karen Walton riesce a rendere credibili tutte le caratteristiche citate, delineandole perfettamente di fronte agli occhi dello spettatore.

Le protagoniste sono incarnate alla perfezione da Emily Perkins e Katharine Isabelle: la prima riesce a farci innamorare di Brigitte anche sepolta sotto strati impenetrabili di sciarpe e felpe, a farci leggere ogni emozione nei suoi occhi grandi e nelle occhiaie scavate.  La seconda è una Ginger dalla sensualità aggressiva, a tratti persino ripugnante. Ruolo importante anche per Mimi Rogers nei panni della madre: una donna che chiaramente nutre molto affetto per le sue figlie e cerca una connessione con loro, non riuscendo mai a comprenderle realmente.

Splendida la sequenza dei titoli di testa in cui le ragazze scattano alcune fotografie in cui si fingono morte: ogni decesso è studiato nei minimi dettagli, e le immagini presentano una qualità evocativa straordinaria, anche grazie alla struggente e inquietante score di Michael Shields. Perfetta la regia di John Fawcett, che con le sue inquadrature sghembe, gli opprimenti grandangoli e la camera a mano molto frequente, riesce a creare un atmosfera unica, intima e malata.

Per il modo originale e intenso in cui l’adolescenza viene raccontata con l’horror, la saga di Twilight e i suoi epigoni fatti con lo stampino avrebbero molto da imparare da Ginger Snaps.

Nota: la distribuzione italiana del film è stata piuttosto confusa. Il film, con il suo titolo originale, è stato trasmesso su Rai Due intorno al 2003. Nell’estate del 2005 il terzo capitolo della saga, Ginger Snaps Back!, è stato distribuito al cinema con il titolo di Licantropia. Dopodichè, Ginger Snaps ed il suo seguito Ginger Snaps 2: Unleashed, sono stati rititolati rispettivamente Licantropia Evolution e Licantropia Apocalypse e distribuiti in dvd.

Luca Buccella

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