Gravity (2013), di Alfonso Cuarón

Luca Buccella 2 Ottobre 2013 0
Gravity (2013), di Alfonso Cuarón

1274150_10200814541831910_152981928_oLa missione di un gruppo di astronauti viene bruscamente interrotta da una pioggia di detriti: unici superstiti dell’incidente, la dottoressa Ryan Stone e il tenente Matt Kowalsky si trovano alla deriva nello spazio, costretti a lottare per la loro sopravvivenza…

“Spazio, l’ultima frontiera”, recitava l’intro di una celeberrima serie televisiva di fantascienza: tagline che Alfonso Cuarón sembra aver preso alla lettera nel realizzare il suo ultimo film, scelto per aprire la 70esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia.

Gravity è infatti un lavoro proiettato verso il superamento di molteplici frontiere, che si pone più di una sfida sia da un punto di vista narrativo che in senso più strettamente tecnico ed effettistico. Cuarón sceglie di trasportare il più classico dei survival thriller all’interno di un contesto fantascientifico, utilizzando gli effetti visivi per aumentare il coinvolgimento degli spettatori. Il cineasta messicano non punta però a stordire il pubblico con la computer graphica, e mantiene inalterato lo stile fluido e narrativo che aveva contraddistinto i suoi precedenti lavori: il film, specialmente nel suo primo atto, è caratterizzato da lunghi piani sequenza che pongono i protagonisti al centro dell’azione, e nonostante qualche concessione alla spettacolarizzazione gratuita, gli effetti visivi sono al servizio del racconto e non prevaricano mai sulla narrazione.

Dopo queste premesse, dispiace dire che la sfida di Gravity non si rivela vinta del tutto proprio a causa di una sceneggiatura non eccezionale e piuttosto prevedibile che a partire dal secondo atto mostra il fianco a più di una perplessità, in particolare per quanto riguarda la costruzione della protagonista principale e dei suoi conflitti. Le ottime interpretazioni di Sandra Bullock e George Clooney riescono fortunatamente a rendere poco evidenti – senza riuscire a farli passare inosservati – molti dei difetti citati: i due attori raggiungono un’empatia quasi istantanea con il pubblico, lavorando principalmente sulle sfumature della voce e sulle micro-espressioni del volto. In particolare, Clooney è in grado di mostrare il cuore del suo personaggio in pochissimi secondi, mentre la Bullock riesce a rendere interessante un personaggio che si sviluppa in direzioni alquanto banali.

Gravity è dunque un thriller spaziale avvincente, spettacolare e ben interpretato, che dopo un primo atto straordinario si attesta su buoni livelli e li mantiene per il resto della sua durata. Un’operazione riuscita, che sarebbe potuta trasformarsi in una pellicola indimenticabile se solo la sceneggiatura fosse stata scritta con maggiore cura.

Il film sarà nelle sale italiane il 3 ottobre 2013.

La recensione è apparsa originariamente su:

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Luca Buccella

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