Ed Crane (Billy Bob Thornton), un taciturno barbiere di Santa Rosa, in California, sospetta che sua moglie Doris (Frances McDormand) lo tradisca con Big Dave (James Gandolfini), il datore di lavoro di lei. Per affrancarsi dall’insulsa vita che conduce, Ed invia un ricatto anonimo a Big Dave relativo alla sua relazione con Doris: lo scopo è quello di ottenere 10.000 dollari da investire in una ditta di lavaggio a secco, miraggio di un’indipendenza economica propostogli da un ambiguo e tutt’altro che affidabile cliente (Jon Polito). Sarà l’inizio di una lunga discesa agli inferi, in cui la situazione sfuggirà completamente di mano ad Ed; non solo il suo socio in affari sparirà col denaro, ma molto presto la vicenda rovinerà la vita dei diversi personaggi: l’omicidio di Big Dave commesso dallo stesso Ed, l’incriminazione di Doris e l’ipoteca della bottega di barbiere di Frank (Michael Badalucco), fratello di Doris, sono solo alcune delle conseguenze non previste da Ed…
Fra i punti di forza di questo noir del nuovo millennio – senza dubbio da annoverarsi fra le prove migliori dei fratelli Coen – ci sono le ottime performances degli attori (su tutti Billy Bob Thornton, straordinario nella sua inespressività), una splendida fotografia in b/n in perfetto stile noir-espressionista, e soprattutto una sceneggiatura impeccabile, con tutti i personaggi egregiamente delineati, anche i più marginali, e un uso complesso e significativo della parole e della narrazione, che vede contrapposta alla loquacità di pressoché tutti i personaggi il silenzio del protagonista, che tuttavia si riappropria del suo spazio attraverso la voce over, opponendo la sua ricerca interiore e retrospettiva all’esteriorità dei dialoghi nei quali sono impegnati gli altri personaggi. Non mancano in tal senso alcuni espedienti interessanti ed assai efficaci. Ad esempio la scelta di collocare l’omicidio compiuto da Ed all’interno di una digressione della voce narrante: tornato dal fatale incontro con Big Dave, Ed si ritrova nuovamente accanto alla moglie addormentatasi ubriaca, e la voce narrante riprende lì dove era stata interrotta dalla telefonata di Big Dave, nel raccontare come Ed e Doris si sono conosciuti; questa messa fra parentesi dell’omicidio è intelligentemente inusuale e presagisce il ruolo che Doris avrà nelle conseguenze dell’atto di Ed. Oppure lo spiazzamento che si verifica nel finale, laddove la voce narrante sembra trovare la sua definitiva collocazione nelle memorie che Ed sta scrivendo in carcere per una rivista, per poi beffardamente svincolarsene immediatamente, tornando ad essere pura voce, una volta che Ed termina la scrittura: “Quella rivista per uomini voleva sapere come mi sentivo”…
Non si tratta solamente di virtuosismi, poiché l’atto del raccontare è uno dei temi portanti del film. Non importa se sia vera o no, ciò che conta è avere una storia da raccontare: il costoso avvocato difensore di Doris (Tony Shalhoub) valuta le possibili versioni da proporre alla giuria nello stesso modo in cui un produttore cinematografico valuterebbe i soggetti più efficaci per fare presa sul pubblico: a nulla serve la commovente confessione di Ed che racconta la verità e si assume la sua responsabilità; per l’avvocato non è una storia che può colpire la giuria. E nella mani dell’avvocato il principio di indeterminatezza di Heisenberg, espressamente citato, diviene una sorta di autorizzazione a liberarsi dal qualsiasi pretesa di ricostruire oggettivamente la realtà: “più guardi e meno conosci”. Invece Ed, nel ripercorre la sua esistenza, a poco a poco riesce, se non a comprenderla, quanto meno a guadagnare una certa serenità per contemplare con distacco il disegno del destino una volta che esso si delinea nel suo complesso, e questa singolare esistenza in cui gli individui pagano sì per delle colpe, ma non per quelle che hanno commesso, sembra trovare il suo bislacco e paradossale senso.
Giacomo Fiorani