Millennium – Uomini che odiano le donne (2011), di David Fincher

Luca Buccella 3 Marzo 2012 0
Millennium – Uomini che odiano le donne (2011), di David Fincher

PosterLa scelta di girare un adattamento in lingua inglese del popolare romanzo di Stieg Larson, a soli due anni di distanza dalla trasposizione svedese, aveva suscitato fin da subito qualche perplessità, apparendo come l’ennesimo remake di cui nessuno, a parte i produttori, sentiva il bisogno. In più, vedere un autore di spicco come David Fincher cimentarsi con un rifacimento non pareva certo una prospettiva allettante.

E’ invece sorprendente quanto questo nuovo adattamento sia riuscito. Fin dai titoli di testa, un trip acido fatto di fuoco e carne trasudante petrolio, è chiaro che si sta per assistere ad un film perfettamente in equilibrio fra esigenze artistiche e commerciali.

Lo sceneggiatore Steven Zaillian sceglie di mettere la trama principale sullo sfondo: il film si configura man mano come uno studio approfondito dei due personaggi principali, analizzando prima il loro complesso rapporto con il mondo, e poi quello molto particolare che essi stringono l’uno con l’altro. Si viene trascinati di peso nel racconto anche grazie ad un montaggio sincopato che, anche quando i protagonisti sono divisi, riesce ad unirli tematicamente.

Uno studio riuscito, soprattutto grazie all’alchimia palpabile fra i due attori principali, che si dimostra il principale punto di forza della pellicola. Daniel Craig, in maniera sottilmente ironica, fa lentamente affezionare lo spettatore a questo giornalista smarrito e spesso spaesato, mentre la prova di Rooney Mara riesce a mostrare tutte le contraddizioni che convivono in Lisbeth, facendone un personaggio stratificato, con un’anima traumatizzata nascosta sotto il trucco pesante: una persona complessa, ben lontana dalla maschera impenetrabilmente inespressiva portata in scena da Noomi Rapace. Se nel film svedese il personaggio appariva fin da subito fisicamente intimidatorio, la Lisbeth di questa nuova versione, all’apparenza fragilissima, è capace di inaspettati scoppi di furia vendicativa, intervallati a intensi momenti di affetto per le pochissime persone che le sono vicine. Tutto questo, oltre che all’ottima scrittura e all’attenta direzione, lo si deve anche ad un’interprete di grandissima maturità quale si è dimostrata la Mara, indubbiamente una delle attrici più intense e capaci della sua generazione.

Ottime interpretazioni arrivano anche dal resto del cast, in particolare da Christopher PlummerStellan Skarsgard.

Nonostante i dubbi, la regia di Fincher si adatta perfettamente all’atmosfera malata della storia, inanellando scelte ispiratissime: basti pensare all’uso dissonante di una canzone di Enya in un’intensa scena, o a tutti i flashback, che appaiono quasi come un “film nel film”, con la fotografia virata a tonalità calde e accese. La violenza è sentita più che mostrata, ma colpisce come un pugno nello stomaco. Uno stile sicuramente più efficace rispetto a quello televisivo del film di Oplev.

La livida e cupa fotografia di Cronenweth si adatta alla perfezione ai gelidi paesaggi scandinavi, così come la colonna sonora minimalista di Reznor e Ross contribuisce notevolmente a far crescere l’inquietudine.  Purtroppo, giunti ad un importante climax, la pellicola si protrae più del dovuto, e qualche taglio sarebbe stato sicuramente necessario. Anche così, ci si trova di fronte ad un lavoro notevolissimo, che si spera non venga seguito da un inutile secondo episodio…

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Luca Buccella

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