La storia dello slasher americano senza dubbio inizia con Halloween del geniale John Carpenter, un film che ha spaventato e affascinato il pubblico di tutto il mondo tracciando gli archetipi del genere: un maniaco omicida mascherato che, utilizzando un’arma da taglio, uccide adolescenti in cerca di divertimento. Ma il film che ha il primato di aver posto le basi per la nascita questo sottogenere horror è Reazione a Catena, del tanto citato e celebrato – più all’estero che in Italia – Mario Bava.
La vicenda narra di vorticosi interessi economici che ruotano intorno alla baia di proprietà di Federica Donati, un’anziana contessa che non vuole cedere la località balneare a degli immobiliaristi senza scrupoli. La baia è abitata anche da due eccentrici fratelli, Anna e Paolo Fossati, e dal pescatore solitario Simone. Una sera la contessa viene brutalmente assassinata da suo marito, il conte Filippo Donati, con l’intento di far sembrare la sua morte un suicidio: proprio quando il piano sembra essere riuscito, il conte viene a sua volta assassinato da un misterioso omicida che ne occulta il cadavere. L’omicidio della contessa e la scomparsa del conte danno vita a un’aspra battaglia per il ricco patrimonio naturale tra lo spietato immobiliarista Franco Ventura e Renata Donati, la figlia del defunto conte, che con l’aiuto del marito Alberto è ben determinata ad appropriarsi della baia: ma gli sporchi interessi si estendono ovunque, e le calme acque incontaminate del paradisiaco paesaggio marittimo si tingeranno presto di sangue.
Conosciuto anche con il titolo Ecologia del delitto (L’antefatto), Reazione a catena ha rivoluzionato il genere horror, sconvolgendo per la sua crudeltà e per il risalto dato al bieco interesse dell’animo umano nei confronti del denaro, con la vita umana ridotta a una pedina sacrificabile per il raggiungimento del benessere economico. Una metafora estrema ma efficace, in cui Mario Bava inserisce anche un messaggio ambientalista contro le speculazioni edilizie, che proprio negli anni Settanta cominciarono definitivamente a espandersi nel nostro paese. Bava ebbe ampia libertà dal punto di vista creativo e infatti realizzò il film in condizioni ottimali, senza nessun tipo di limitazione registica: lo dimostrano alcune inquadrature fuori dai canoni del cinema classico, o alcuni simbolismi d’autore (come il ronzio di un calabrone nel bosco della baia che cade a picco dentro l’acqua) che preannunciano la scia di morte incombente sul paesaggio spettrale.
La sceneggiatura fu affidata inizialmente a Dardano Sacchetti e Franco Barberi – autori del soggetto –, ma quando Barberi fu licenziato e Sacchetti si ritirò a seguito del congedo del collega, essa passò a Bava, Filippo Ottoni, Joseph McLee e altri due sceneggiatori non accreditati, Sergio Canevari e Francesco Vanorio. La struttura episodica rende il ritmo molto frenetico, e i delitti si susseguono senza dare il tempo allo spettatore di ragionare su cosa sta accadendo. La grande novità della storia sta nell’inarrestabile catena di omicidi che coinvolge tutti i protagonisti, risultando determinante per la nascita dello slasher americano, vista anche la modalità truculenta delle uccisioni. La struttura narrativa appare caotica ma l’inserimento di giusti flashback riesce a far quadrare l’intreccio, incentrato sulle relazioni torbide dei personaggi: l’obiettivo della sceneggiatura è eliminare i personaggi uno a uno non appena vengono in contatto tra di loro.
Il cast è d’eccezione: la grande diva Isa Miranda (La signora di tutti) interpreta la contessa Donati, il grandissimo Leopoldo Trieste (Sedotta e abbandonata) veste i panni dell’eccentrico entomologo amatoriale Paolo Fossati, Laura Betti (La dolce vita) è perfettamente a suo agio nel ruolo della tenebrosa veggente Anna Fossati, mentre Luigi Pistilli (Il buono, il brutto e il cattivo) incarna Alberto, l’unico a mostrare un minimo di umanità di fronte ai massacri senza pietà che avvengono nella baia. Ma il personaggio più convincente è Simone, interpretato magistralmente da Claudio Volontè (fratello del leggendario Gianmaria) un pescatore che rappresenta, insieme ai fratelli Donati, l’unico baluardo a difesa dell’ambiente naturale.
Reazione a Catena è considerato uno dei migliori film di Mario Bava, e l’unico lavoro di cui il regista si ritenne davvero soddisfatto: un eccezionale prototipo di slasher (la saga di Venerdì 13 non sarebbe mai potuta esistere senza questo film) citato in innumerevoli b movies, che non sarà mai dimenticato dagli amanti del genere.
Marco Rudel