Sei donne per l’assassino (1964), di Mario Bava

Supremo 6 Dicembre 2013 0
Sei donne per l’assassino (1964), di Mario Bava

6daIn un atelier di moda viene ritrovato il corpo privo di vita di una modella. L’assassino è avvolto da un impermeabile nero, e una calza gli copre il volto. La morte dell’indossatrice sconvolge Massimo Morlacchi (Cameron Mitchell) e la contessa Cristiana Cuomo (Eva Bartok), entrambi proprietari della casa di moda; ma le sfilate continuano nonostante le indagini in corso, aperte dall’ispettore Silvestri (Thomas Reiner). Durante una sfilata, Nicole (Arianna Gorini), un’altra modella, trova il diario segreto di Isabella (la ragazza uccisa) proprio davanti a tutto il personale dell’atelier: questo particolare metterà in moto l’assassino senza volto, in una catena di delitti inarrestabili.

Insieme a La ragazza che sapeva troppo (1963), riconosciuto come il primo thriller italiano, Sei donne per l’assassino contribuisce a rendere Mario Bava il fondatore degli archetipi del genere definito giallo all’italiana.  Le novità per il periodo sono molteplici: abbiamo degli omicidi seriali, realizzati con estrema crudezza, e l’assassino è incappucciato con un impermeabile nero, che costituirà l’immagine per antonomasia del killer senza volto, senza dimenticare l’introduzione di interessi economici che avvolgono i misteriosi delitti.

La sceneggiatura, firmata da Marcello Fondato (autore anche del soggetto) insieme a Giuseppe Barilla e allo stesso Bava, riesce in maniera non forzata a eliminare i personaggi secondari per dar attenzione ai veri protagonisti della storia, capovolgendo ogni schema del giallo convenzionale: il doppio colpo di scena finale ne è una prova. La fotografia di Ubaldo Terzano (sotto la guida vigile di Bava)  è ricca di colori molto forti: la gamma cromatica dell’atelier varia tra il rosso, il viola, il blu e il giallo, che forniscono una forza devastante all’ambientazione in cui si dipana l’intreccio. Ottima la scenografia,  capace, in alcuni punti, di infondere ulteriori significati al film: celebre la famosa domanda rivolta a Mario Bava da parte di un giornalista dei Cahiers du cinéma, il quale chiese al regista se esistesse una correlazione tra l’oscillazione dell’insegna rossa dell’atelier nella prima inquadratura, e il movimento del filo rosso del telefono nell’ultima.

Sei donne per l’assassino ha dato il via al filone del giallo italiano, oltre a dare i “natali” a Dario Argento, che si ispirò a questo film soprattutto per quanto riguarda alcune soluzioni narrative. Mario Bava si supererà con Reazione a Catena, entrando nella storia come il perno fondamentale per la nascita dello slasher movie statunitense.

Marco Rudel

 

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