Super Mario Bros. (1993) di R. Morton e A. Jankel

Supremo 9 Maggio 2014 0
Super Mario Bros. (1993) di  R. Morton e A. Jankel

Super-Mario-Bros.65 milioni di anni fa. In pieno Cretaceo i dinosauri dominano incontrastati la Terra, ma il violento impatto di un meteorite fa precipitare nel sottosuolo alcune specie: i sauri riescono a evolversi in umanoidi e per milioni di anni vivono imprigionati in una dimensione parallela.

Brooklyn, anni ’90. I fratelli Mario Mario (Bob Hoskins) e Luigi Mario (John Leguizamo) lavorano come idraulici e a stento riescono a sbarcare il lunario, conducendo una vita modesta senza mai perdersi d’animo. Un giorno, dopo l’ennesimo lavoro non portato a termine, Mario e Luigi incontrano Daisy (Samantha Mathis), una giovane paleontologa che ha appena rinvenuto un ingente numero di resti di dinosauri in uno scavo. Tra Luigi e Daisy nasce una simpatia, e dopo un’allegra cena passata in compagnia di Mario e della sua ragazza Daniela (Dana Kaminski), i due si dirigono allo scavo per appartarsi in intimità: Daisy verrà però rapita da due misteriose figure e condotta nella dimensione rettiliana. I fratelli Mario, giunti in suo soccorso, si ritroveranno nel mondo underground governato dal perfido Re Koopa (Dennis Hopper): scopriranno che, oltre a Daisy, è in pericolo l’umanità intera.

Ispirato al leggendario videogioco prodotto dalla Nintendo, Super Mario Bros. è la prima trasposizione videoludica della storia del cinema. Si tratta però di un film estremamente inappagante per tutti i fan dell’idraulico baffuto, in cui il simpatico mondo fatto di nuvolette colorate e ambientazioni fiabesche lascia il posto a una delirante e futuristica Brooklyn cyberpunk: il risultato è una pellicola confusionaria, con un excursus narrativo troppo complesso e ben distante della briosa atmosfera della saga videoludica.

La sceneggiatura – scritta da Parker Bennet, Terry Runte e Ed Solomon – catapulta i personaggi del videogioco in una storia che unisce il fantastico all’ironica rappresentazione di uno stato totalitario, con accenni di lotta di classe tra i proletari, incarnati dai fratelli idraulici, e l’establishment. Il tutto è condito con la metafora dell’evoluzione-devoluzione, che vuole mostrare come un regime dittatoriale si solidifichi grazie all’ignoranza dei governati, per poi sgretolarsi non appena il popolo riesce ad aprire gli occhi con la conoscenza e l’educazione culturale.

Questi messaggi sono però gettati in un calderone colmo di gag stancanti e scene esagerate che generano disgusto gratuito (come un re destituito trasformato in una montagna di muco): ci ricordiamo di avere a che fare con un’avventura dei mitici Fratelli Mario solo a tre quarti del film, quando i nostri eroi indossano le celebri tute rosse e verdi. La colonna sonora, che vanta artisti del calibro di Roxette, Queen, Megadeth, Joe Satriani, Extreme e Divinyls, è l’unica arma vincente della pellicola.

Il cast è costellato di star che hanno lasciato un segno nella storia del cinema: l’unico che riesca a imporsi su una sceneggiatura carente e caotica è il grande Bob Hoskins (Chi ha incastrato Roger Rabbit, Sirene), vero e autentico trascinatore del film. Nel ruolo di Luigi, il talentuoso e sempre sorprendente John Leguizamo (Romeo + Giulietta, Summer of Sam) riesce a fornire una buona prova, pur non avendo molto a che fare col suo personaggio. Ma la grande rivelazione negativa è indubbiamente uno sconcertante Dennis Hopper: il leggendario attore fatica come non mai nei panni di Koopa, senza riuscire a lasciare un segno in un film altalenante e appena sufficiente.

Costato 48 milioni di dollari, Super Mario Bros. ne ha incassati solo 21 in tutto il mondo, ricevendo pesanti critiche non soltanto da critica e pubblico ma anche dagli stessi attori: nel 2007, Bob Hoskins definì il film la più brutta esperienza lavorativa della sua vita, mentre Dennis Hopper ammise di essere rimasto molto deluso dalla poca organizzazione sul set.

Super Mario Bros. è il primo malriuscito tentativo di ibridare cinema e videogiochi, ma ha il merito di aver aperto la strada a un filone ancora in voga. Il film è un vero e proprio testamento alla grandezza del compianto Bob Hoskins – scomparso pochi giorni fa –, capace di rendere credibile anche la peggiore delle sceneggiature: questa recensione la dedichiamo a lui.

Marco Rudel

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