Wuthering Heights (2011), di Andrea Arnold

Luca Buccella 29 Marzo 2012 0
Wuthering Heights (2011), di Andrea Arnold

WUTHERING-HEIGHTS-posterIl 2011 è stato l’anno delle trasposizione delle opere delle sorelle Bronte: dopo Jane Eyre di Cary Fukunaga, tratto dall’omonimo romanzo di Charlotte Bronte, è arrivato Wuthering Heights di Andrea Arnold, basato ovviamente sul celeberrimo Cime Tempestose di Emily Bronte. Laddove il film di Cary Fukunaga non tradiva la sua matrice letteraria nell’adattare Jane Eyre, questo Wuthering Heights fa esattamente l’opposto: il romanzo originario viene utilizzato non come fonte da riportare pedissequamente, ma come una sorte di calderone tematico da cui trarre personaggi, emozioni e sensazioni, tenendo ben presente la diversità tra i due mezzi. Quella tra Heathcliff, trovatello adottato dal proprietario terriero Mr. Earnshaw, e Cathy, figlia di Earnshaw, più che una storia d’amore nel senso classico, è un legame intensissimo tra due esseri soli che si sono trovati, una relazione fisica, violenta, spesso sadomasochistica ma anche pura, delicata, naturalissima, che non è destinata ad esistere a causa della crudeltà e delle convenzioni sociali del mondo in cui vivono. Alla morte di Earnshaw, il figlio Hindley gli succede come capo famiglia, e riduce Heathcliff, di cui è sempre stato geloso, al ruolo di schiavo, vessandolo emotivamente e fisicamente. Quando Cathy accetta di sposare un altro uomo, Heathcliff fugge dalla tenuta. Tornerà diversi anni dopo, per reclamare Cathy ed avere finalmente la sua vendetta.

La Arnold non abbandona i temi caratterizzanti del suo cinema, come la difficoltà di crescere in ambienti difficili, l’incomunicabilità generazionale e la violenza recondita del mondo, sia fisica che verbale. Così come gli espedienti tecnici: il formato 4:3 sostituisce il 16:9, in modo da rendere l’immagine più ristretta e quindi claustrofobica. Le riprese sono effettuate con una macchina da presa a mano che quasi si “incolla” ai volti degli interpreti, restando con loro in ogni momento, mettendo la loro espressività al centro di tutto. La violenza della natura è elemento caratterizzante del film, e rispecchia le emozioni dei personaggi. Nella prima parte, i dialoghi sono ridotti all’osso, la terra è squassata da vento e pioggia, e l’interpretazione dei giovanissimi Solomon Glave e Shannon Beer è fisica, selvaggia, naturale: i due vivono immersi nella natura, armoniosamente in balia degli elementi. Nella seconda, quella del ritorno di Heathcliff, i dialoghi sono ben più presenti, il sole illumina gli ambienti, e James Howson e Kaya Scodelario, interpreti adulti, appaiono sofferenti e forzati nelle loro azioni: entrambi i personaggi sono cambiati, vivono “tradendo” la loro natura, e le eleganti stanze in cui si muovono assumono l’aspetto di una prigione dell’anima.

Ottimo il cast: gli interpreti giovanili dei protagonisti sono superiori alle loro controparti adulte, ma tutto il cast è di grande livello. Ad esempio, Nichola Burley è perfetta nell’inscenare l’ingenuità di Isabella, sedotta da Heathcliff: un personaggio che, nonostante le poche scene, resta nel cuore. Facendo a pezzi  il romanzo originale, ci si mantiene fedelissimi alle emozioni che vi sono rappresentate, riuscendo a realizzare un vero e proprio capolavoro di potenza visiva ed emotiva straordinaria. Manca solo la parte finale, quella della risoluzione e della speranza. Ma la Arnold non intende dare un momento di tregua ai suoi personaggi…

Nota aggiunta: The Enemy, la splendida canzone dei Mumford & Sons che chiude la pellicola, sintetizza perfettamente il rapporto fra Heathcliff e Cathy.

And bury me beside you
I have no hope
In solitude
And the world will follow
To the earth down below.
But I came and I was nothing
And time will give us nothing
So why did you choose to lean on
A man you knew was falling?

Luca Buccella

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