But I’m a Cheerleader (1999), di Jamie Babbit

Luca Buccella 7 Luglio 2000 0
But I’m a Cheerleader (1999), di Jamie Babbit

vvvvvLa giovane Megan ha tutto quello che un’adolescente americana potrebbe desiderare: fa la cheerleader, frequenta un giocatore di football del team scolastico ed è una delle ragazze più popolari del suo liceo. Finchè un giorno, i suoi genitori, sospettando che la ragazza sia lesbica, decidono di spedirla in un campo di rieducazione per omosessuali. Ma sarà proprio lì che la timida Megan, finora del tutto inconsapevole della sua omosessualità, conoscerà Graham, un’altra delle ragazze presenti al campo…

La regista Jamie Babbit, nel suo primo film (uscito nel 1999), decide di raccontare i pregiudizi che riguardano l’omosessualità giocando di stereotipi, con lo scopo di arrivare poi a metterli in discussione. A partire dall’inquietante immagine del centro di rieducazione, un luogo addobbato con colori pastello (sorta di incrocio fra John Waters e Tim Burton), in cui si insegna la pulizia del pavimento alle ragazze e lo sport e la meccanica ai ragazzi, così da ridefinire quelli che secondo la società dovrebbero essere i loro ruoli: una ridefinizione che non riesce, perché il film vuole dimostrare che omosessuali si nasce e non si diventa, e dunque è impossibile “tornare indietro” perché significherebbe negare ciò che si è.

But I’m a Cheerleader è un film che mira a combattere il pregiudizio, ma lo fa con una grazia ed una delicatezza che raramente si trovano nel cinema moderno, dimostrando che è possibile superare i preconcetti pacificamente.

L’unico vero personaggio che questo film caricaturizza e ridicolizza è quello della direttrice del centro, interpretata da una grande attrice quale Cathy Moriarty: una donna apparentemente forte e convinta ma in realtà totalmente spaventata da realtà di vita differenti dalla sua, che non ha il coraggio di ammettere di avere un figlio gay e quindi ha fatto del “convertire gli omosessuali” il suo scopo di vita.

Anche il resto del cast non è da meno: la giovane Natasha Lyonne, all’epoca appena ventenne, è ottima nel rappresentare Megan, totalmente smarrita e inconsapevole di sé stessa, e Clea DuVall si dimostra, nel ruolo della trasgressiva Graham, una delle attrici più sottovalutate della sua generazione (anche il suo ruolo in The Faculty di Robert Rodriguez è da antologia). Melanie Lynskey, indimenticabile protagonista di Creature del Cielo, si fa notare in un piccolo ruolo, così come Bud Cort (Harold in Harold & Maude), che interpreta il padre di Megan.

But I’m a Cheerleader è un film istruttivo ma non demagogico e soprattutto non pretenzioso, un inno ad amare chi ci pare ed essere sé stessi nonostante tutto, senza dimenticare che sono le nostre differenze a renderci unici e completi.

Luca Buccella

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