Bling Ring (2013), di Sofia Coppola

Luca Buccella 25 Settembre 2013 0
Bling Ring (2013), di Sofia Coppola

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Dopo Lost in Translation (2003) e Somewhere (2010), Sofia Coppola torna a raccontare il mondo delle celebrità in Bling Ring: ma se nelle opere precedenti la regista newyorkese si concentrava sul punto di vista della superstar di turno per narrare quella realtà dall’interno, stavolta tutto viene visto attraverso gli occhi di chi non vive la fama, ma passa la vita a inseguirla.

Tutto parte da un fatto di cronaca raccontato dalla giornalista Nancy Jo Sales sulle pagine di Vanity Fair: tra l’ottobre del 2008 e l’agosto del 2009, cinque adolescenti losangelini sottraggono sistematicamente denaro, accessori e altre proprietà dalle abitazioni di numerose celebrità hollywoodiane, per una valore di beni rubati pari a 3 milioni di dollari. Classe 1971, figlia di Francis Ford Coppola ed Eleanor Neil, cresciuta tra divi e maestri del cinema, formatasi come stilista presso Chanel e con una carriera di modella e indossatrice alle spalle, non sembra esserci persona più qualificata di Sofia Coppola per mettere in scena questa surreale storia.

La sua regia, già essenziale in partenza, si spoglia ulteriormente di tutti i virtuosismi residui – anche grazie alla fotografia naturalistica del compianto Harris Savides –  per dipingere un affresco distaccato e analitico, che con cipiglio documentaristico sceglie di lasciare da parte l’immedesimazione emotiva dello spettatore con i suoi protagonisti. Il film vuole descrivere una società priva d’intimità interpersonale, e dunque la macchina da presa si mantiene distante dai personaggi, adottando un punto di vista antropologico sugli eventi.

La regista lascia da parte il moralismo e punta allo studio sociale: i giovani protagonisti iniziano a saccheggiare le abitazioni dei loro idoli per sentirsi più vicini a loro, convinti che possedere oggetti di una celebrità possa portarli in prossimità di quello stile di vita tanto invidiato e sognato. I ragazzi di quartiere di Il Giardino delle Vergini Suicide sono diventati adolescenti irrequieti delle Hollywood Hills, e le sorelle Lisbon si sono tramutate in divi festaioli.

Bling Ring centra il suo scopo anche grazie a una massiccia dose di ingredienti da commedia nera, e ad un cast ben assemblato. In particolare, il giovane Israel Broussard convince nei panni di Marc, l’unico personaggio per il quale la regia mostra particolare affetto, ma a colpire di più è una sensazionale Emma Watson: la sua Nicki è una valley girl arrivista e manipolatrice, un personaggio grottesco che riflette tutto il disgusto della regista nei confronti dell’ambiente raccontato dal film. L’attrice dimostra ottima padronanza dei tempi comici e riesce a tirare fuori un credibile accento californiano: insieme a un’esilarante Leslie Mann – nei panni di sua madre, che somministra psicofarmaci alle figlie come fossero merendine –, è protagonista dei momenti più caustici della pellicola.

Bling Ring è dunque il pungente ritratto di una generazione allo sbando, priva di figure di riferimento – i genitori sono tutti assenti, ciechi o indifferenti –, che ricerca i suoi modelli di vita in reality shows e vede i social network come unico mezzo di espressione personale. Se Lost in Translation e Somewhere si chiudevano su una nota di speranza, nei suoi minuti finali Bling Ring offre solo timori e mancanza di certezze per il futuro.

Il film sarà nelle sale italiane il 26 settembre 2013.

Luca Buccella

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