A volte ritornano (1991), di Tom McLoughlin

Supremo 17 Aprile 2014 0
A volte ritornano (1991), di Tom McLoughlin

avrUn insegnante del liceo, Jim Norman (Tim Matheson), torna con la sua famiglia nella città natale, un paese di campagna dove sembra che il tempo si sia fermato. I ricordi di Jim non sono però così felici: a nove anni, in un tunnel ferroviario, assistette all’omicidio di suo fratello Wayne (Chris Demetral) da parte di alcuni teppisti, che perirono a loro volta quando la loro automobile fu travolta da un treno in piena corsa. Ormai quarantenne, Jim sembra deciso a volersi lasciare il violento trauma alle spalle, ma l’accoglienza che gli riservano i suoi nuovi studenti non è delle migliori: in particolare Chad Nyerges, un bullo giocatore di football, sembra avercela con lui per i voti bassi. Con il passare del tempo i ricordi del trauma aumentano, e Jim non riesce più a dormire a causa dei continui incubi che lo tormentano: essi diventano realtà quando uno dei suoi studenti viene ucciso dalla stessa macchina che quasi trent’anni prima sbarrò la strada a Jim e suo fratello nel tunnel ferroviario: al posto del defunto ragazzo, si presenterà in classe Richard Lawson (Robert Rusler), il capo dei teppisti che uccisero Wayne.

Tratto da un racconto di Stephen King, incluso nell’omonima raccolta, A volte ritornano è un film che terrorizza maggiormente da un punto di vista psicologico, più che sul fronte della messa in scena. Tom McLoughlin (Venerdi 13 Parte VI – Jason vive) infonde al film un taglio di regia molto semplice, a tratti anche scadente (a parte un’inquadratura che sfoggia un effetto vertigo) , con pochi momenti di suspense capaci di sorprendere lo spettatore facendolo sobbalzare sulla sedia. L’elemento religioso è presente nel film, con l’esistenza di un limbo dove sono intrappolate le anime con questioni irrisolte, ed è netta la distinzione tra Bene e Male: alcuni escamotage però non convincono, specialmente in sede di sceneggiatura. Azzeccate sono le scene degli incubi veggenti di Jim, ben resi dall’efficace montaggio di Charles Bornstein.

La sceneggiatura è croce e delizia del film: se da una parte il soggetto kinghiano è la punta di diamante del lungometraggio, la sceneggiatura di Mark Rosenthal e Lawrence Konner risulta forzata in alcuni punti, e la sospensione d’incredulità si perde a causa di alcuni errori temporali che non danno continuità narrativa. I personaggi con maggior spessore sono indubbiamente Jim Norman, interpretato magistralmente da Tim Matheson, insieme a Chris Demetral (presente nell’orrendo Dolly Dearest), che grazie all’interpretazione di Wayne vinse un Young Artist Award come miglior giovane attore in un film tv. Tra gli antagonisti, l’unico che ha un ruolo di primo piano e riesce a incutere timore, misto a goffa ilarità, è Richard Lawson – una specie di James Dean in versione satanica –, interpetato da Robert Rusler, il quale si impone più per la sua faccia da duro che per le capacità recitative.

Deludenti sono gli effetti speciali: trattandosi di un film basato su un racconto del maestro del terrore ci si aspettava di meglio. Comunque il trucco dei tre teppisti non morti nella scena di massima adrenalina riesce a stupire, ricordandoci che stiamo guardando un film horror.

A volte ritornano è un film che non sfrutta il potenziale del racconto nato dall’estro geniale di Stephen King, allungando il brodo con alcuni elementi che alla lunga stufano, risultando poco incisivi. La sensazione che traspare è che non si sia voluto osare (riferimento alle poche scene orrorifiche presenti nel film) ma la forza del racconto di King è incisiva, e il messaggio efficace: talvolta, il male può ritornare per guidarci e farci superare i traumi subiti.

Marco Rudel

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