Non appena Cenerentola esce nelle sale conquistandosi l’affetto di tutti i sognatori del mondo, Walt Disney inizia già a rimettere in moto la sua efficiente macchina di produzione per dare vita sul grande schermo a un’altra grande fiaba di Charles Perrault: La bella addormentata nel bosco. Questa volta zio Walt ha un budget enorme a disposizione e la certezza che il pubblico risponderà con favore al nuovo film, così decide di investire tempo e denaro come mai prima perché la pellicola sia perfetta. È l’occasione per sperimentare tutte le idee tenute fino a quel momento nel cassetto in attesa del progetto più adeguato: ci vorranno nove anni di duro lavoro perché il pubblico possa ammirare Aurora al cinema. La bella addormentata nel bosco esce nelle sale mondiali nel 1959, al termine di una produzione che ha impegnato gli studi Disney per tutti gli anni ’50 e regala al pubblico un enorme carico di novità. Il 16° classico dello zio Walt infatti è stilisticamente innovativo e molto distante da ciò che si era fatto fino a quel momento. Nonostante l’ambientazione fantastica, questa volta si predilige uno stile meno fiabesco e più realistico, più aderente allo stile artistico della Francia medievale, in cui la storia si svolge, soprattutto per quanto riguarda gli sfondi. Dei background si occupa quasi esclusivamente Eyvind Earle, che per i Walt Disney Studios aveva già lavorato agli ultimi grandi successi di pubblico e critica della Disney, Le avventure di Peter Pan e Lilli e il vagabondo. L’artista prende molto seriamente il suo compito: studia attentamente l’arte medievale e sceglie un tratto stilizzato per gli accurati sfondi de La bella addormentata nel bosco, creando veri e propri dipinti che lo impegnano dai sette ai dieci giorni solo per la colorazione.
Ad animare i personaggi del film non c’è più, come in Biancaneve e i sette nani e Cenerentola, la squadra dei Nine Old Men al completo, anche se otto dei nove membri lavorano alla pellicola: Marc Davis ha l’esclusiva sulla realizzazione della protagonista Aurora, della strega Malefica e del suo corvo, mentre collabora con Milt Kahl e John Lounsbery per l’animazione del principe Filippo, del re Stefano e della regina Leah; Frank Thomas e Ollie Johnston sono invece le matite dietro le tre fatine Fauna, Flora e Serenella (Merryweather in inglese). Gli altri tre storici del gruppo, Wolfgang Reitherman, Les Clark ed Eric Larson, si occupano della regia. Proprio come nelle pellicole precedenti, il grande talento e l’esperienza ormai decennale dei Nine Old Men diventano fondamentali nel taglio che verrà poi dato al film. Sono loro a suggerire a Walt Disney di optare per un mash-up tra la versione dei fratelli Grimm e quella di Charles Perrault della fiaba de La bella addormentata nel bosco; sono ancora loro a proporre le fatine come versioni femminili di Qui, Quo e Qua, quindi distinte nei colori e nelle personalità, invece di assomigliarsi tutte come era nei progetti iniziali; sempre loro a definire lo stile elegante ma diabolico di Malefica, che nei primi progetti doveva assomigliare di più a una megera, come le matrigne di Cenerentola e Biancaneve.
Quello che ne viene fuori è il soggetto per il film che riuscì a sovrastare tutte le versioni precedenti de La bella addormentata nel bosco, imponendosi nell’immaginario di generazioni di bambini. Nella versione disneyana (come al solito più lineare e meno dark di quelle dei libri di fiabe) re Stefano e la regina Leah, dopo anni di attese e preghiere, danno alla luce la loro primogenita, Aurora, che fin dalla nascita viene promessa in sposa al principe Filippo, giovanissimo erede di un regno vicino. Nel giorno dei festeggiamenti per la nascita della bambina, però, la malvagia strega Malefica maledice la piccola, condannandola a morire all’età di sedici anni, dopo essersi ferita con il fuso di un arcolaio. La fatina Serenella fa del suo meglio per indebolire la maledizione e la condanna a un sonno eterno, anziché alla morte, dal quale solo il bacio del vero amore potrà risvegliarla. Per proteggere la bambina dall’oscuro destino che l’attende, i genitori l’affidano alle cure delle tre fatine Fauna, Flora e Serenella che la cresceranno con il nome di Rosaspina in una casetta nei boschi, tenendola lontana dal palazzo e dalla sua vera identità. Al destino però non si può sfuggire.
La forza de La bella addormentata nel bosco, come delle precedenti favole Disney, la si trova nella caratterizzazione e nell’animazione dei personaggi. Proprio come per Biancaneve e i sette nani e Cenerentola, i disegni sono basati su reali fisionomie e movimenti di attori: la novità però è che questa volta Walt Disney decide di girare tutto il film in live-action prima di passare ai disegni perché anela a un realismo mai raggiunto prima. Helene Stanley torna negli studi Disney, dopo aver prestato corpo e viso a Cenerentola, per interpretare la principessa Aurora; l’attore Ed Kemmel è invece il modello di riferimento per il principe Filippo mentre l’austera Eleanor Audley (già modella di Lady Tremaine) ispira gli autori alla realizzazione del personaggio di Malefica. La Audley è talmente nella parte che
nessuno ai Walt Disney Studios riesce più a pensarla slegata dalla figura della strega, tanto da affidarle addirittura il suo doppiaggio nella versione finale. Malefica, anche grazie all’ottima caratterizzazione della Audley, diviene il personaggio più riuscito e iconico del film (non sorprende che nel 2014 la Disney le abbia dedicato addirittura un apposito lungometraggio): il pubblico è terrorizzato dalla strega che ha maledetto Aurora, ma allo stesso tempo è profondamente affascinato dalla sua eleganza, dall’ironia, dalla bellezza e, sì, anche dalla crudeltà; Malefica è un personaggio con del carattere, destinato a restare impresso nella storia del cinema. Anche le tre fatine, che rinunciano alla magia per sedici anni pur di crescere la piccola Aurora nel segreto, sono indimenticabili, in particolare quando regalano uno dei loro siparietti comici tipici delle loro liti: chi non porta nel cuore le battaglie a suon di colore tra Flora e Serenella?
Molta attenzione poi viene innegabilmente impegnata nella realizzazione della bellissima principessa Aurora, che, pur apparendo soltanto in 18 dei 75 minuti, non può che lasciare una forte impronta nel cuore. Dolce, allegra, speranzosa, Aurora non è che una ragazza imprigionata in una vita che non le appartiene e che sente il bisogno di cambiare. La bella addormentata nel bosco poi segna un enorme punto di svolta nell’animazione Disney degli esseri umani: Filippo è il primo principe a possedere non soltanto un nome (né quello di Biancaneve e i sette nani né quello di Cenerentola ne avevano uno), ma un ruolo attivo all’interno della storia; per la prima volta dunque Walt Disney mette il suo team di fronte all’arduo compito di animare con credibilità un uomo.
Il risultato è mozzafiato. Basta guardare la bellissima scena in cui Aurora racconta ai suoi amici animali del sogno fatto la notte prima in cui faceva la conoscenza di un bellissimo giovane per poi imitare l’incontro danzando sulle note di So chi sei (Once Upon a Dream). È proprio nel mentre della canzone che il principe Filippo, attratto dalla celestiale voce di Aurora, si sostituisce ai coniglietti e agli uccellini per ballare con la bellissima fanciulla di cui neppure conosce il nome. Quando lei si ritrae spiegando che le zie le hanno proibito di parlare con gli sconosciuti, lui le risponde che si sono già incontrati prima, in un sogno, come aveva ricordato lei stessa. Non c’è dubbio che l’incontro tra Filippo e Aurora sia uno dei più romantici e allo stesso tempo sinceri di tutta la storia dell’animazione.
A differenza della maggior parte degli altri classici Disney, non ci sono altre canzoni nel film, ma in compenso una colonna sonora meravigliosa, scritta dallo storico compositore Disney, George Bruns, e candidata al premio Oscar nel 1960.
Nonostante l’innegabile valore artistico del film, La bella addormentata nel bosco è praticamente un flop al botteghino, quando esce nel 1959. Per Walt Disney è un duro colpo, che nessuno era preparato a subire: sulla pellicola erano stati investiti nove anni di lavoro e 6 milioni di dollari, una cifra stratosferica per l’epoca, che corrisponde a circa il doppio degli ultimi tre precedenti classici (Alice nel Paese delle Meraviglie, Le avventure di Peter Pan e Lilli e il vagabondo). L’incasso di 7,7 milioni di dollari costringe Walt Disney a una politica di licenziamenti di massa nel dipartimento di animazione e ad accantonare per sempre i progetti su nuove favole e principesse. Tutti i film seguenti che realizzerà, prima che un tumore ai polmoni lo uccida nel 1966, avranno come protagonisti gli animali e conquisteranno un grande successo di pubblico e critica. Zio Walt non saprà mai che il suo amato La bella addormentata nel bosco sarebbe in seguito diventato il maggior successo uscito nel 1959, dopo Ben Hur, grazie all’incasso totale di 51,6 milioni di dollari raggiunto con le varie riedizioni cinematografiche uscite dal 1970 in poi. Mancherebbe soltanto di riscattare il genere della fiaba, stipato ormai nel dimenticatoio. E anche lì i Walt Disney Studios riescono, a ben trent’anni di distanza dal fiasco di Sleeping Beauty, grazie a un progetto dello stesso fondatore, che ha come protagonista una sirena dai capelli rossi che sogna di essere parte del nostro mondo.
Corinna Spirito
One Comment »