Hell’s Highway (2003), di S. Lee Taylor

Supremo 7 Febbraio 2014 0
Hell’s Highway (2003), di S. Lee Taylor

 hell_tiffAl termine di un selvaggio rave nel deserto, sette amici decidono di continuare il “viaggio” alla ricerca di un luogo dove in passato veniva coltivato peyote. Durante la ricerca dell’oasi dello sballo, i ragazzi effettuano una sosta in un piccolo supermarket di proprietà del bizzarro Petey, il quale li avverte che se cercheranno le coltivazioni si troveranno molto presto in pericolo. Ripreso il cammino, il camper su cui viaggiano i ragazzi ha un incidente, lasciandoli bloccati nel deserto senza la possibilità di chiamare aiuto. Il gruppo si divide nel tentativo di cercare qualcuno che possa aiutarli: troveranno solamente degli individui instabili, che trasformeranno la gita dei ragazzi in un macabro incubo senza via d’uscita.

Diretto dal regista S. Lee Taylor (Potere Assoluto, 2002), Hell’s Highway è il classico film splatter americano che ricicla le tematiche dei grandi classici del genere, impreziosito da citazioni di classici dell’horror (Reazione a catena, Le colline hanno gli occhi, Nightmare), ma che in fin dei conti risulta noioso e poco avvincente. Lo stile del regista è abbastanza accademico, salvo in alcune inquadrature in cui si tenta di sorprendere lo spettatore, ottenendo solamente confusione.

La sceneggiatura, scritta dal regista S. Lee Taylor insieme a Steven Grabowsky, non possiede il giusto mordente per riuscire a spaventare. I personaggi sono altamente stereotipati e troppo scontati: c’è Neil (Brent Taylor), classico figlio di  papà viziato, Michele (Jessica Osfar) e Lee (Ryan De Rouen), una coppia il cui unico interesse è fare sesso anche nelle situazioni di difficoltà, Loopz (Aaron Buer), un codardo che si maschera da duro, Cashie (Kelsey Wedeen), ragazza punk ribelle che si propone come voce fuori dal coro, e infine Tara (Ashley Elizabeth) e Harmony (Dana Brady), due pin-up che intavolano discussioni molto argute su chi di loro possieda il fondoschiena più sodo. L’unico elemento dell’intreccio che suscita interesse è l’evoluzione positiva dei personaggi più fastidiosi: Loopz, il misogino incapace di prendere la benché minima iniziativa, diventerà un protettivo e leale amico per le ragazze; Tara, incapace di guardare  oltre il suo naso, riuscirà a prendere in mano la situazione mettendo ordine al caos; Harmony, da ragazzetta frivola che insegue la forma fisica perfetta, riuscirà a comprendere la sofferenza attraverso la terribile esperienza vissuta nel deserto.

Il montaggio, curato dagli stessi Grabowsky e Taylor, convince in alcune sequenze d’azione in cui il ritmo viene velocizzato, ma per il resto si nota qualche incertezza e anche un paio d’errori.

Hell’s Highway fa parte di quella schiera di film horror degli anni Duemila che non riescono a produrre novità, e finiscono senza molte pretese nel dimenticatoio. Si apprezzano tuttavia le citazioni di grandi film horror, ma oltre a questo non c’è nulla che valga la pena segnalare di questo film. Consigliato a chi è rimasto solo in casa il sabato sera e non sa come salvare la serata, ma per chi cerca emozioni horror si consiglia di dormire nella speranza di avere un incubo vero.

Marco Rudel

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