Stati Uniti. Bob Crane (Tom Schanley) è un onesto guardiano della riserva naturale di Yellowstone, nel Wyoming. In un giorno come tanti, mentre sta svolgendo le sue mansioni all’interno del parco, l’uomo viene colto da un’orrenda visione: sua sorella gemella Jessica (Nicola Perring) sta per essere uccisa in un hotel a Milano, a colpi di forbici. Spaventato dal terribile presentimento Bob si reca a Milano, dove Jessica lavora come indossatrice, e scopre che la ragazza è scomparsa. Fa anche la conoscenza di una bellissima collega di Jessica, Barbara (Renèe Simonsen): tra i due nasce immediatamente una forte attrazione. Bob si mette in contatto anche con il commissario Danesi (Donald Pleasence), che indaga sulla scomparsa della ragazza con scarsi risultati. Una sera, la modella Carrie (Catherine Noyes) avvicina Bob in cerca d’informazioni su Jessica, ma viene assassinata dallo stesso individuo apparso nelle visioni dell’uomo, con delle lunghe forbici in mano. Ormai è chiaro che nel mondo della moda si nasconde un killer di donne, e Bob dovrà scoprire che si cela sotto il vestito dell’assassino.
Recensire un film che porta la firma di uno dei fratelli Vanzina – Carlo per la precisione – è difficile ma non impossibile: Sotto il vestito niente non ha apparentemente nulla a che vedere con i cinepanettoni sfornati dal duo più trash del cinema italiano. Il film è un thriller abbastanza patinato, con elementi deliberatamente presi dai capolavori di Alfred Hitchcock e del maestro del giallo Mario Bava (il plot riprende Sei donne per l’assassino). Lo sguardo di Vanzina sul mondo della moda è alquanto stereotipato: relazioni omosessuali, droga party, noiosi salotti borghesi, giovani modelle dalla personalità fragili, ecc. Insomma nessuna novità, e consapevole di ciò il buon Carlo impreziosisce il tutto con una buona dose di nudi femminili, per cercare di tenere sveglio lo spettatore maschile: un escamotage che riutilizzerà nella sua filmografia successiva, in cui il nudo è l’unico elemento d’interesse. Alle prese per la seconda volta con un thriller (il primo era stato Mystere, 1983), Vanzina riesce a portare a casa alcune inquadrature degne di nota, ma il tutto somiglia a un collage di celebri film del genere e il regista sembra viaggiare su un sentiero con il quale ha poca dimestichezza.
La sceneggiatura, scritta da Franco Ferrini, s’ispira in minima parte all’omonimo romanzo di Marco Palma (pseudonimo di Paolo Pietroni), ma come già detto somiglia di più a Sei donne per l’assassino di Mario Bava. La storia, tutta incentrata sul rapporto gemello del protagonista con sua sorella, mette in luce la teoria dell’empatia a distanza, secondo cui i gemelli avvertono le sofferenze in maniera reciproche anche se lontani chilometri: una teoria troppo sdoganata e molto scontata, specie se utilizzata per risolvere l’enigma sul quale si basa il film. L’immancabile colpo di scena è ben calibrato, ma il movente appare troppo banale nel mondo della moda. La fotografia – curata da Giuseppe Maccari – si distingue come l’arma più convincente del film: ottimi i contrasti luce/ombra, e alcune sequenze mirate a ricostruire l’intera storia sono davvero ben curate dal punto di vista della fotografia.
In conclusione Sotto il vestito niente è quel film che non ti aspetteresti da Carlo Vanzina, ma il taglio che il regista figlio del grande Steno fornisce alla pellicola smorza l’atmosfera thriller, arrivando a delle soluzioni di regia abbastanza scontate e assurde. Il film avrà un sequel più introspettivo nel mondo della moda, diretto da Dario Piana nel 1988. Nel 2011 è invece uscito L’ultima sfilata, diretto nuovamente da Carlo Vanzina: purtroppo si tratta solo di una parentesi fuori dal comune in una sequela di cinepanettoni.
Marco Rudel