My Sweet Killer (1999), di Justin Dossetti

Supremo 21 Febbraio 2014 0
My Sweet Killer (1999), di Justin Dossetti

myskCharlie Cavenaugh (Kirk Harris) è un giovane colpito da un grave trauma familiare: il padre ha assassinato la madre e la sua sorellina, e lui stesso si è trovato costretto ad ucciderlo per salvarsi la vita. Il processo ha scagionato Charlie dall’accusa di omicidio volontario, valutandolo incapace di intendere e di volere al momento del delitto. Archiviata la vicenda, Charlie lavora in un officina automobilistica ed è in costante cura psichiatrica dal dottor Resner (Jonathon Chaus), che cerca di aiutarlo a reintegrarsi nella società. Si trasferisce in un appartamento nei bassifondi della città, dove viene spesso infastidito da due spacciatori, Quote e Jerry, che non colgono l’occasione per tentare di vendergli della droga. Nei sogni Charlie riceve la visita di Pasqua (Stephanie Knight), una donna molto attraente che si è suicidata nell’appartamento. Pian piano, le visioni di Charlie aumenteranno e il ragazzo non sarà più in grado di distinguere la realtà dai sogni: la sua ossessione per Pasqua farà emergere le pulsioni omicide nascoste….

Il giovane regista Justin Dossetti, le cui esperienze nel campo documentaristico si riflettono nello stile di ripresa del film, dirige un primo lungometraggio che offre ottime premesse per una carriera da regista. My Sweet Killer è il ritratto di un giovane tenuto ai margini della società, che evidenzia le carenze del sistema medico statunitense: rimasto senza famiglia, Charlie viene lasciato a sé stesso, incapace di riprendersi dal suo trauma: netta la critica al disagio sociale, che non lascia scampo a persone affette da schizofrenia. Solo Buck (Jack Rubio) un ex detenuto che lavora con Charlie alla raffineria, tenta di ancorare il ragazzo alla realtà, ma è troppo poco per sottrarre Charlie dalle sue turbe mentali.

La sceneggiatura è scritta da Dossetti e dal protagonista Kirk Harris, che si conferma il migliore del cast: bravissimo nelle posture e nell’atteggiamento del sociopatico, ma senza enfatizzarli troppo nei momenti di rabbia psicotica che il suo personaggio manifesta. La storia è incentrata tutta su Charlie, che viene seguito costantemente nella sua parabola discendente, tra il tentativo di reinserimento nella normale quotidianità e i viaggi onirici tra i fantasmi del suo passato: la discesa negli inferi è accompagnata da Pasqua, che rappresenta il suo istinto omicida represso, con la quale Charlie instaura una folle relazione amorosa isolandosi sempre di più dal mondo che lo circonda. L’intreccio è caratterizzato da pochi elementi che proiettano lo spettatore nel mondo vuoto, triste e profondamente deprimente di Charlie, risultando molto realistico senza troppi estremismi.

La fotografia fornisce un buon impatto alle scene oniriche caratterizzati da inquietanti dialoghi tra Charlie e Pasqua, che rimandano inevitabilmente a David Lynch. La gamma cromatica è dominata dal rosso e al nero, colori che rappresentano al meglio la solitudine e la follia che afferrano il protagonista in una morsa letale.

My Sweet Killer è un film che non lascia alcuna speranza: dal punto di vista narrativo appare piatto, ma le inquadrature molto ravvicinate, l’ottima interpretazione di Kirk Harris e la terribile sensazione di solitudine che riesce a trasmettere, lo trasformano in un viaggio senza via d’uscita nella mente di uno squilibrato, che è solo una delle tante vittime di questa società.

Marco Rudel

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